In cinese si dice Tao Chiao, ed è una delle tre forme religiose della Cina tradizionale. Le altre due sono: il Confucianesimo (Ju Chiao) e il Buddismo Zen (Fu Chiao).
E' chiamato anche Tao Chia, per indicare la Scuola taoista che segue gli insegnamenti di Lao Tze e Chuang Tzu e che risale al 4°sec. a.C., mentre il primo termine si riferisce alla Chiesa taoista, un'organizzazione para religiosa che data soltanto dal 2°sec. d.C..
Entrambe le forme si ispirano alla tradizione religiosa della Cina antica, differenziandosi però nel modo di utilizzarla. La Scuola taoista l'ha demitizzata, mentre la Chiesa ne ha conservato le credenze mitologiche, e le pratiche magiche.
L'idea madre della saggezza cinese è che tra le vicende dell'uomo e quelle del cosmo fisico vi sia una correlazione molto stretta, una simmetria dinamica, tra mondo mentale e mondo esteriore, governata da un principio universale chiamato Tao (i greci avrebbero detto Logos, noi diremmo Legge di Natura), dotato di una sua energia vitale, chiamata "Te".
Meta ultima del Taoismo è raggiungere uno stato di perfetta unità tra il soggetto e l'oggetto, tra l'essere e il non essere. Uno stato di serenità, di pace suprema, in cui non c'è distinzione fra le cose e in cui l'io è abolito.
Per raggiungerlo bisogna arrivare a comprendere il Tao. Non serve a nulla, però, avvicinarlo in modo astratto e razionale, bisogna procedere per via intuitiva, per esperienza diretta. Bisogna vivere il Tao.
Vi sono due strade per far questo: quella del Ming, o della "luce celeste", e quella del Ching, detta anche "la via oscura". La prima è detta anche Wu Wei, ed è il principio d'azione del saggio. Consiste nel rispettare la vita e i ritmi naturali dell'uomo con l'universo. In generale lo si traduce con "non agire"(da Wu che significa non e Wei atto, sforzo, compiere), ma questa traduzione è in realtà molto imperfetta, perché suggerisce l'idea di passività, mentre il Taoismo non predica la non curanza, ma l'impegno totale degli esseri nella vita e la perfetta azione. Parole come, non ingerenza e abbandonare la presa, sono più adeguate.
Il Wu-Wei rinvia alla condizione di non desiderio, alla serenità che attenua le tensioni ed è un fattore di realizzazione. E' un astenersi dalle attività contrarie alla natura, un agire corretto, spontaneo, libero, in piena armonia.
Il saggio cinese è nel mondo, partecipa totalmente al reale, cerca di vivere pienamente e in modo consapevole l'istante presente. Quello indiano, invece, è assente dal mondo, lo considera come nulla.
L'altra via, quella del Ching, è la via della quiete e della contemplazione. Consiste nel "badare al proprio corpo" e si presenta come una via di risveglio, le cui due facce sono la rivelazione e la liberazione, ma i taoisti immaginano sia una via incompleta. Più facile perché la si può determinare, ma che ha realmente sbocco solo se si fonda sulla luce del sole del Ming.
Quando i primi gesuiti arrivarono in Cina tentarono di sostituire al concetto di Tao quello di Dio, ma non vi riuscirono. Primo perché il concetto di Tao è molto più ampio, inoltre esso è strettamente impersonale.
Quasi tutte le mistiche orientali poggiano sul senso di integrazione tra l'essere e il non essere, l'uomo e la realtà ultima. Tuttavia,
nel Buddismo e nell'Induismo l'accesso all'unità passa attraverso varie percezioni, vari gradi. Per i taoisti, nulla di simile. Tutto accade su uno stesso piano. In ciò, hanno una visione più semplice e meno intellettuale delle altre filosofie.
Perché, infatti, dovrebbero esistere piani diversi, quando il Tao è dappertutto?
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