Porta Magica (Roma)
Da Naturpedia.
Questa voce rappresenta un Articolo scritto da voi lettori, o citato; non esprime quindi per forza il punto di vista enciclopedico in stile, tipico delle voci semplici. |
Questa voce, articolo o sezione, non è ancora formattata secondo gli Standard di questo wiki.
Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Naturpedia. |
"La porta Magica", P.zza Vittorio - Roma
Mi scuserete per la lunghezza della descrizione... ma è d'obbligo!Questa porta era uno degli ingressi secondari delle mura di cinta della Villa Palombara, oggi scomparsa.
Il marchese Massimiliano Palombara, uomo dedito alle scienze esoteriche, la fece costruire nel 1655. Egli intrattenne per molti anni rapporti di studio con la regina Cristina di Svezia che, abbandonato il trono, si stabilì a Roma, attorniandosi di uomini colti, volti ad ogni esperienza. Altro personaggio chiave della Villa Palombara fu il medico Francesco Giuseppe Borri. E tutti costoro coltivarono l'arte dell'Alchimia.
Per tentare un'analisi, sia pur sintetica, di questo originale reperto, sarà il caso di iniziare dal medaglione circolare che poggia sullo stipite della porta.
Dentro il primo cerchio esterno troviamo l'epigrafe "tria sunt mirabilia deus et homo mater et virgo trinus et unus" (Tre sono le cose meravigliose: Dio ed uomo, madre e vergine, trino ed uno).
Qui, riconducendosi alla legge del ternario, vengono rappresentati i tre elementi essenziali dell'opera alchemica: il padre, la madre, il figlio. Alcuni vi hanno ravvisato lo spirito, l'anima, il corpo. Per proseguire la comparazione, la religione cristiana e quella vedica affermano analoghe trinità . Alcuni studiosi si rifanno ad una triade ermetica: lo zolfo, il mercurio ed il sale, che corrisponderebbero allo spirito, all'anima ed al corpo; altri dicono: anima, spirito e corpo.
E, continuando, dentro la cornice del medaglione vi sono due triangoli equilateri sovrapposti e incrociati, che formano una stella a sei punte, il notissimo Sigillo di Salomone, sublime rappresentazione dell'unione dei contrari. Nel linguaggio alchemico, il triangolo con il vertice verso l'alto rappresenta il fuoco, il principio maschile secondo alcuni (in tal caso è simboleggiato dal gallo, dal pollo, dal dragone con le ali), il principio femminile secondo altri (e quindi rappresentato dall'aquila). Anche qui estrema divergenza di opinioni. Ed è utile vedere come nascono le divergenze, per comprenderne il senso e munirci della necessaria bussola per non smarrirci.
Ma, per tornare al nostro fuoco che sarebbe rappresentato dal triangolo verso l'alto e all'acqua dal triangolo verso il basso, vorrei dire che tale simbolica rappresenta la natura di uno stesso elemento che muta all'interno del vaso filosofico. Gli alchimisti l'hanno indicato ora verso l'alto, ora verso il basso per indicare le circolazioni dell'elemento, il suo Solve et Coagula, in parole povere il "volatile", ora detto gallo, ora aquila, da cui erronee interpretazioni di maschilità o femminilità . Vorrei inoltre far notare che Ermete non parla d'acqua, ma di fuoco. L'I.N.R.I. degli alchimisti afferma: Igne Natura Renovatur Integra (La natura è rigenerata integra per mezzo del fuoco). E, nella stessa Porta Magica si afferma: "Colui che sa bruciare con l'acqua e lavare col fuoco...".
Ma che significato dare allora i due triangoli incrociati? Sempre Ermete risponde: "...sale dalla terra e discende dal cielo e riceve forza dalle cose superiori e dalle cose inferiori", che è poi lo stesso di quanto espresso nella Porta Magica: "...facit de terra coelum et de coelo terram pretiosam" ("fa della terra un cielo e del cielo una terra preziosa"). Continuando, sovrapposto all'esagramma, vi è un altro simbolo composto da un circolo sormontato da una croce. Esso, mi dicono, è il globo del mondo, emblema dell'imperio sia sul piano della materia che su quello dello spirito.
All'interno del circolo troviamo la scritta "centrum in trigono centri" ("il centro è nel triangolo del centro"). Come non riferirsi al noto "punto geometrico" del massone? Alcuni affermano che, quando il centro dell'essere umano corrisponde alla polarità cosmica, egli avrà raggiunto l'equilibrio che gli schiuderà gli stati superiori della coscienza.
Nel centro del globo del mondo vi è l'ultimo simbolo di quelli racchiusi nel medaglione, un piccolo circolo con un punto al centro. Si ritiene, da più parti, che il punto sia il principio generatore e la circonferenza la cosa generata: con altre parole, Dio e la sua irradiazione. Negli scritti ermetici questo simbolo è quello aureo.
Passiamo ora all'architrave della porta. Su di essa vi sono due epigrafi: la prima in caratteri ebraici, "Ruach Alohim", la seconda recita "horti magici ingressum hesperius custodit draco et sine Alcide colchicas delicias non gustasset jason" ("Il drago delle Esperidi - o, meglio, della notte - custodisce l'ingresso del giardino magico e, senza Alcide (Ercole), Giasone non avrebbe gustato le delizie della Colchide").
Circa l'iscrizione ebraica, il significato è detto da alcuni "Spirito Santo", "respiro di Dio", "soffio vitale", rispettivamente nella tradizione cristiana e in quella ebraica. Nella tradizione cabalistica, Ruch corrisponde nell'uomo all'intelletto e colloca la sua sede nel cuore e successivamente nella gola, essendo Ruch assimilabile a Doath che è il Sephirah invisibile, che è sede della coscienza e congiunge Chokmah a Binah. Ruche significa ciò che si muove a ruota, il soffio, il respiro. Si potrebbe rapportare, in Alchimia, al mercurio, duplice nella sostanza, figlio del Sole e della Luna, che gli ermetisti chiamano androgino, rebis. Questo mercurio dei filosofi, primo mestruo dell'oro e dell'argento dei filosofi, opera il dissolvimento dei metalli con la sua forza attiva e penetrante.
Ma vediamo ancora che a poco serve saper questo, se non si conosce il Sole e la Luna, se non si sa come dissolverli ed unire le due secrezioni per formare il mestruo mercuriale.
Dante, figlio dell'Alchimia, membro dei Fedeli d'Amore e, a quanto pare, di filiazione Templare, fa dire al custode della sacra porta del purgatorio che occorrono due chiavi per aprirla, una d'oro e l'altra d'argento. Aggiunge ancora che quella d'oro è più preziosa, ma quella d'argento è proprio quello che determina l'apertura della porta "perché vuole troppo d'acume e d'ingegno...". Oro e argento, Sole e Luna, sono sempre più ricorrenti nelle metafore alchemiche: a noi tocca sfrondarne i significati nascosti, affinché, come viene detto alla base della Porta Magica, "ne scaturisca la salvezza per il popolo".
Per la seconda iscrizione latina occorre fare un'osservazione. Il dragone delle Esperidi, come viene tradotto da alcuni "Hesperius draco", in realtà si rifà ad un mito differente, quello dei pomi d'oro delle Esperidi, raccolti da Ercole dopo l'uccisione del drago. E quindi, accettando tale versione, si avrebbe un miscuglio di due miti, quello delle Esperidi appunto e quello della Colchide cui l'iscrizione fa riferimento. Mentre, da un punto di vista concettuale i due miti significano esattamente la medesima cosa, uccisione del drago e conquista della pietra filosofale, non si vede perché l'autore abbia voluto questo miscuglio di fonti, a meno che non avesse voluto fornire un ulteriore suggerimento all'adepto. Infatti hesperius vuol dire anche occidentale, "della notte" e, visto che sarebbe strano tradurlo con "delle Esperidi", forse il senso giusto è proprio quello "della notte".
Sullo stipite sinistro della Porta Magica, in alto, troviamo il simbolo di Saturno (Saturno è il piombo, il colore nero, primo regime dell'opera) e la scritta "quando in tua domo nigri corvi parturient albas columbas, tunc vocaberis sapiens" ("Quando nella tua casa neri corvi partoriranno bianche colombe, allora sarai chiamato sapiente"). Ormai, dal punto di vista alchemico, l'epigrafe sembra quasi chiara. Infatti l'autore fa riferimento alla successione dei colori nell'opera, il nero seguito dal bianco. E che il nero sia il cadavere putrefatto del dragone, credo che anche qui nessuno possa dubitare. Resta, al solito, da scoprire cosa sia il dragone e perché poi debba morire.
Passando allo stipite destro, in alto, c'è il simbolo di Giove, color grigio. Esso non rappresenta un vero e proprio regime, ma il graduale passaggio, da più Filosofi sottolineato, dal nero al bianco, e, al di sotto, l'epigrafe "diameter spherae thau circuli crux orbis non orbis prosunt" ("Il diametro della sfera, il tau del circolo, la croce del mondo non giovano ai ciechi"). E torniamo al discorso del Cosmopolita: la comprensione dei simboli alchemici è riservata a coloro che hanno sviluppato in sé la capacità di vedere.
Scendendo allo stipite sinistro, nel mezzo, osserviamo il simbolo di Marte. In Alchimia ci si riferisce al ferro, al colore rossastro. Quindi, al di sotto, l'epigrafe recita: "qui scit comburere aqua et lavare igne facit de terra coelum et de coelo terram pretiosam" ("Chi sa bruciare con l'acqua e lavare col fuoco fa della terra un cielo e del cielo una terra preziosa"). Già abbiamo parlato di questa scritta poco fa. Sottolineiamo ancora come il fuoco, Ermete insegna, è l'elemento essenziale dell'opera. Come disse il Pontano nella sua "Lettera sul fuoco filosofico", senza capirne il senso a nulla varrebbe conoscere gli elementi. L'I.N.R.I. (Igne Natura Renovatur Integra) è l'epigramma principe dell'Alchimia. Comprendiamone il significato e certamente troveremo il resto.
Sullo stipite destro, nel mezzo, compare il simbolo di Venere. Gli alchimisti associano ad esso il rame, il colore verde. Più sotto, l'iscrizione: "si feceris volare terram super caput tuum eius pennis aquas torrentum convertes in petram" ("Se facessi volare la terra al di sopra della tua testa, con le sue penne tramuteresti in pietra acque di torrenti"). Anche di questo abbiamo parlato precedentemente, a proposito del Telesma di Ermete. Tutta l'operazione tende al ritiro delle acque del diluvio che lasceranno spazio alla terra preziosa, alla pietra alchemica su cui si fa una operazione misteriosa, che viene detta più volte, simbolicamente, anche nella Porta Magica.
Sullo stipite sinistro, in basso, troviamo il simbolo di Mercurio, argento vivo, e l'epigrafe "azot et ignis dealbando latonam veniet sine veste diana" ("Tramite la purificazione di Latona da parte dell'Azoto e del Fuoco, appare Diana senza veste"). È questa un'altra descrizione dell'opera, in cui la purificazione della materia filosofale produce la comparsa dell'argento. È la purificazione del purgatorio dantesco che prelude alla venuta di Beatrice (colei che dà beatitudine), è la purificazione prescritta in tutte le fratellanze misteriche. E, affinché non desti meraviglia il misterioso realizzarsi della pietra al bianco, la mistica Iside svelata, a seguito della catarsi della materia prima, diremo, come Beatrice nel Paradiso, che sarebbe strano che, nettati dagli errori che ci tengono a terra, restassimo ad essa vincolati, senza poter accedere all'empireo: volo superbo, già descritto da Platone con i suoi cavalli, uno bianco e l'altro nero, uno volto al cielo e l'altro alla terra. Ma, attenzione! non si fa metafisica cosmica qui, bensì microcosmica. Dei, cieli, terra e astri sono in dimensione microcosmica, per suggerire gli elementi e le operazioni dell'Arte.
Sullo stipite destro, in basso, vi è il simbolo del Sole, oro, colore porporino e, al di sotto, l'epigrafe: "filius noster mortuus vivit rex ab igne redit et coniugio gaudet occulto" ("Nostro Figlio, morto, vive, torna re dal fuoco e gode del matrimonio occulto"). È questa un'ulteriore allegoria per descrivere sempre la stessa operazione, la cottura della materia. Come non ricordarci, ancora, della fenice misteriosa che risorge dalle sue ceneri, di Dante che attraversa le fiamme come ultima purificazione, della prova del fuoco presso molte fratellanze iniziatiche e, perché no? del Cristo risorto e sceso all'inferno per risalire alla destra del Padre. Inoltre, per comprendere chi sia questo Re, siamo aiutati dall'iscrizione: filius noster. E in Alchimia esso è il figlio del Sole e della Luna, è il Telesma di Ermete, forte di ogni forza, che sale dalla terra e discende dal cielo. E la terra è sua nutrice e suo ricettacolo. Continua Ermete "...separerai la terra dal fuoco, il sottile dallo spesso, lentamente, con grande cura". Come vediamo, le analogie non mancano e tutte ci conducono ad un'unica affermazione, forse sorprendente: che tutte le epigrafi della Porta alchemica, fin qui considerate, descrivono, in modi differenti, la stessa unica operazione espressa da Ermete nella Tavola di Smeraldo: è il solve et coagula degli alchimisti, lo sciogliere e il legare dei cristiani che, guarda caso, sono attribuiti come facoltà a Pietro apostolo, cui Cristo disse "Tu es petra" ("Tu sei Pietra"), è la morte e resurrezione del Cristo, è la morte del Re nero di Rosenkreutz e la sua trasmutazione in splendido volatile, è la nascita misteriosa della dea Kundalini, è la dissoluzione e rinascita del maestro muratore nella Luce dell'Oriente.
Un'altra osservazione mi sembra utile alla comprensione dell'epigrafe. Mi è stato chiesto una volta come interpretassi il "coniugio" della frase, in quanto il mio interlocutore e, con lui, diversi fratelli, erano in dubbio sul suo significato: se volesse dire accoppiamento estemporaneo o matrimonio permanente, E ciò chiedevano perché, da alcune fonti avevano arguito che si trattasse di un accoppiamento una tantum. Ad essi risposi che, a mio avviso, si trattava di matrimonio. A voi chiarisco che la pietra, nettata dal fuoco, ha stabilità infinita. La sua duplice natura (del rebis) è diventata una cosa diversa, ma unica, non più suscettibile di separazione ulteriore ("per le meraviglie della cosa unica" dice Ermete). È lo Yoga degli induisti, il cui senso è unificazione con l'assoluto, unione che, una volta raggiunta, non può ricreare lo status precedente. È la scritta del medaglione "trinus et unus", che fonde permanentemente padre madre e figlio, ovvero il Sole, la Luna e l'Oro.
Sulla soglia della porta appare il motto "si sedes non is" ("Se siedi non procedi"), che è una vera istruzione operativa, premessa a tutta l'opera alchemica. È la condizione senza la quale ogni speranza di aprire la porta del giardino magico diventa illusione.
Sul gradino compare l'ultima epigrafe della Porta, insieme ad un misteriosissimo simbolo, che non figura in nessun trattato alchemico e quindi poco suscettibile di corretta interpretazione. L'epigrafe recita: "est opus occultum veri sophi aperire terram ut germinet salutem pro populo" ("È opera occulta del vero saggio aprire la terra, affinché germogli la salvezza per il popolo"). L'espressione è talmente chiara che appare superfluo insistervi, salvo che per confermare che la terra è la stessa della Tavola di Smeraldo, quella che è nutrice e ricettacolo del Telesma, la stessa del V.I.T.R.I.O.L. (visita interiora terrae, rectificandoque invenies occultum lapidem: Visita le parti più profonde della terra e, apportando modifiche, troverai la pietra occulta).