Betty Altomare e Lucio Yassa

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Indice

esempio di testo

Da 2 Lettere di una lettrice:

"Centri sociali" e "morti sospette".


In ricordo di Betty Altomare e Lucio Yassa
(due attivisti del Leoncavalllo).


da: Stefania Nicoletti


Prima lettera

Caro Franceschetti,

Ho scoperto casualmente il suo coraggioso blog, (linkato da disinformazione.it) e poi quello di Gabriella Carlizzi. Da allora, un pensiero mi tormenta e spero che abbia voglia di leggere questa – per forza di cose – lunga missiva. Questo pensiero riguarda un fatto di tanto tempo fa, cioè la tragica fine, a Milano nel novembre 1995, del mio amico avvocato Lucio Yassa.


Premetto di essere persona scettica per natura, ma il vostro lavoro mi ha aperto gli occhi su certe realtà; ammetto che il coté religioso (satanico) è stato il più difficile da mandare giù per chi, come me, era uso a ragionare nella cornice del materialismo storico... Non sono molto d’accordo con certe vostre teorie, con altre di più, ma certo le faccende dei numeri e delle rose mi mettono i brividi! Ho esitato a lungo prima di scrivere, credo per paranoia, e spero mi perdonerà se, in questo primo contatto, preferisco non rendermi troppo identificabile; non voglio nascondermi, ma neppure attirare strane attenzioni.


Ho militato per parecchi anni - circa dal XXXX al XXXX – nel Centro sociale Leoncavallo, partecipando in particolare agli eventi che ne contornarono lo sgombero dalla vecchia sede, dove conobbi tra gli altri il povero Lucio in via Leoncavallo, fino all’attuale destinazione di via Watteau. Questi eventi coinvolsero anche personaggi di spicco e giochi politici addirittura di livello nazionale; mentre fervevano le trattative, l’assemblea “ufficiale” dei compagni occupanti votava decisioni che i suoi “portavoce” avrebbero dovuto difendere con le controparti, mentre invece firmavano accordi sottobanco. Svelo queste tristi faccende per spiegare il clima alla fine del 1995, quando il Centro era ormai insediato in via Watteau e al suo interno, in modalità silenziata ma continua, si epuravano compagni validissimi per sostituirli con personaggi acquiescenti alla nuova linea: aderire a RC. Queste purghe avvenivano semplicemente impedendo le attività dei compagni da allontanare; le ricordo che eravamo volontari non pagati e che ci si dava da fare al centro perché si credeva nello spazio sociale, dove organizzare: dibattiti politici, ma anche: sale prova, corsi di computer o di teatro, di fotografia o tai-ki.


È stato compilando per il Centro un'agenda dei fatti salienti del dopoguerra, che ho notato che in questo paese muoiono tutti i testimoni, ma sto divagando.

Lucio, laureato in legge, difendeva il Leoncavallo nelle grane legali – arrivavano denunce in continuazione - ed era anche un militante assai presente; aveva scritto e pubblicato un manuale contro la repressione pubblicato da Primo Moroni (che morì poco dopo di uno strano male, forse sarebbe il caso di riesaminare anche lui).


Insomma, un venerdì sera incontrai Lucio al Leoncavallo, già in via Watteau da un anno; al tempo lui mi assisteva in una bega assicurativa e ne festeggiammo il buon esito mentre visitavamo la mostra di fumetti allestita nel centro; Lucio era raggiante quella sera, perché aveva finalmente riottenuto l’ammissione alla pratica legale dopo certi problemi (che gli erano costati una denuncia, credo per avere praticato senza essere iscritto all’albo) e soprattutto perché sentiva di avere buone prospettive con una ragazza cui teneva molto. Declinò tuttavia il mio invito a bere un’altra birra per festeggiare, dicendosi stanco, così verso la una e mezza andò via, a casa, disse. Il lunedì pomeriggio sentii al notiziario locale di Radio Popolare che Lucio era stato trovato impiccato in casa sua dalla madre, che non riusciva a telefonargli. Ai tempi pochi di noi credettero al suicidio, (Lucio si sarebbe impiccato alla maniglia del bagno) e attribuimmo certi articoli di giornale all’odio viscerale della stampa borghese contro autonomi e anarchici (all’epoca, i giornalisti non avevano ancora i musulmani da bistrattare).

Leggendo i suoi articoli (e di Solange Manfredi, e della Carlizzi) sui falsi suicidi mi è venuto un dubbio orrendo; ho fatto una ricerca in rete e, guarda un po’, Lucio è morto il 9/11, ritrovato dopo un giorno e la notizia fu pubblicata dalla stampa il giorno 11/11.


Scusi per la lunga lettera;

gradirei molto una risposta anche senza fretta, ormai sono passati tanti anni. Certo che è triste avere creduto di lavorare per il bene mentre invece...


Seconda lettera

Ecco, Paolo, il punto è questo.

Hanno fatto fuori i migliori, con metodi diversi.


Mi tolgo un altro macigno dalla scarpa: negli anni '80 ho avuto la fortuna di incontrare un personaggio straordinario, una vera leggenda di questa terribile città, una donna irripetibile.

Elisabetta “Betty” Altomare, nickname Betty 23 (come too free) è stata, non esagero, una musa del movimento e dei suoi guizzi culturali; è stata lei a insegnarmi a usare la telecamera, a dimostrare che sì, potevo benissimo guidare una moto “grossa”. Lei ne aveva una uguale, che però customizzò all’estremo. Soprattutto, Betty ha filmato tutto e tutti per più di vent’anni. Se leggi l’allegato, c’è un fritto misto di necrologi, articoli di giornale, il pezzo di Gomma che ne parla come di una regina. Fatti un’idea, la Betty era troppo speciale. Mi viene il magone.


Lei era anche l’anima di un centro sociale anomalo detto SQUOT.T.! (si legge scuotiti). Anomalo perché stava al quarto piano di uno strano palazzone di viale Bligny, se conosci Milano capisci che è uno strano ibrido fine ottocento tra abitativo e opificio.

In breve, Betty quando c’erano le iniziative restava lì a dormire dato che si finiva all’alba.

Il posto è andato a fuoco e Betty è morta per le esalazioni. La porta di ferro della sua stanzetta si è scaldata tanto che la chiave si è fusa dentro. I pompieri sono entrati dalla finestra.


So di alcuni particolari non usciti sui giornali: Betty è stata trovata nell’atto di slacciarsi gli stivali – si vestiva in maniere incredibili e adorava gli stivaloni lunghi con chilometri di lacci; sua madre ha detto che si deve essere addormentata mentre se li slacciava (questo è plausibile, a quell’ora sarà stata un po’ bevuta, fumata e soprattutto stanca, dato che era la “padrona di casa” dello SQUOT.T.! e lavorato per tutta la settimana come maestra elementare: al funerale c’erano generazioni di allievi e ex allievi, anche mucchi di rose rosse, ma in questo caso va detto che Betty amava le rose, anche la sua moto era aerografata con le rose. Ne aveva qualcuna anche tra i vari tatuaggi, ma non posso immaginarmela rosacrociana. Avrebbe detestato quella gente.


Quella sera allo SQUOT.T.! non c’ero andata perché il mattino dopo dovevo alzarmi presto (credevo di salutare la mia amica la prossima volta...) Non mi torna che il posto sia andato a fuoco! Betty non sarebbe andata a dormire senza fare il giro del locale a spegnere interruttori e staccare spine, figuriamoci le candele. Conosci la leggendaria precarietà degli impianti dei centri sociali: un attimo e ti parte una cassa, il mixer, brucia il palco! E Betty per quanto stanca – e io l’ho vista in rave che duravano giorni – per quanto amante del mojito, non sarebbe MAI andata a dormire lasciando candele accese in giro. A meno che non ci fosse ancora lì qualcuno, qualcuno che godeva della sua fiducia.


E no, non avrebbe lasciato qualche “bollito” a smaltire la sbronza tra le candele accese. Minimo, le avrebbe spente. Perché staccare l’impianto audio e video ma lasciare accesa una candela?
La porta del centro l’hanno trovata aperta. Betty è morta il 3 aprile 2004.
Come Lucio, è morta di sabato mattina.
Sto imparando a contare: tu dimmi cos’è 13 in questo caso.


Non è che mi fossi dimenticata di Betty, solo che una parte di me non voleva andare a verificare la data. Che ho sottomano, perché nel pc c’è una cartelletta solo per lei. Lucio, Betty. Un giovane avvocato battagliero, che scriveva perfino libri contro il sistema; non bastasse, suonava molto bene il piano. Magari faceva interventi un po’ lunghi in assemblea, ma non sparava mai cazzate. Adesso non parla più. Betty, maestra adorata dai bambini, biker trasgressiva, guerriera senza paura, occhio che tutto documentava, quasi un’icona pop, una sorella. Potrei mostrarti un giga di commenti straziati che si sono rincorsi in rete per darti l’idea di come certi colpi facciano male. Al funerale c’era gente che non vedevo da vent’anni, uno era persino sparito perché ricercato, ma c’è venuto lo stesso.


Ecco, Paolo, scommetto che potrei tirarne fuori altri.
Non ci sto dentro all’idea che hanno già fatto fuori due miei amici con un suicidio e un incidente; purtroppo per Betty c’è stato qualche sospetto dei compagni ma la perizia dei pompieri ha detto: accidentale. Ma come si fa a dimostrare che un incendio con quelle modalità, non sia stato appiccato apposta?


Anche per Betty è uscito sulla sua morte un articolo insultante (non sono sicura della testata ma volevano querelarli, se vuoi lo cerco) in cui veniva trattata da tossica senza fissa dimora e pure promiscua – adesso mi pare che pubblicarono poi un articolo quasi di scuse. Lucio l’avevano appeso alla maniglia del bagno, quasi a sottolineare che era una messa in scena.

Ma quanti sono questi cazzoni della Rosacroce?


Se contiamo i morti di cui parlate tu e Solange negli articoli, che sono perlopiù persone in vita assai note, ce ne sono già un bel po’. Ma se andassimo a controllare da vicino le fini premature di persone meno famose, magari conosciute solo in piccole cerchie?

Ma cosa sono, un esercito?


Cioè, vengono i brividi.
Mi immagino qualche scena burocratica in uffici dove tengono appesi calendari speciali con in bella evidenza i giorni fasti per ammazzare la gente.
Oh, è un giorno a somma 13 ?.. Vai con l’attentato. Oggi è 11 ?.. Annega quel pirla che è troppo curioso.
Schedari polverosi (ma no, magari è tutto digitalizzato) zeppi di informazioni di ogni tipo, su migliaia di persone.


Sbaglio o qualche anno fa si è parlato fuggevolmente di uno scandalo, con Telecom e carbinieri, riguardo MILIONI di dossier sui cittadini italiani?


Ecco, Paolo, un altro macigno di storia. Spero che i lettori del blog si facciano avanti sul tema: compagni uccisi spacciati per suicidi o incidenti.


Per stanotte ti saluto e vado a nanna col cuore un po’ pesante.

Con affetto


Angela


Articolo sul Corriere della Sera

Vediamo ora, invece, l'articolo sul Corriere della Sera.

da: Amministratore del Forum

- - -

Betty Altomare, insegnante elementare e dj nelle feste techno, è stata sorpresa nel sonno
Brucia il centro sociale Muore la maestra punk

Incendio in viale Bligny, distrutti i locali dello «Sqott» Il rogo forse provocato da una candela nell' edificio l' ambulatorio per immigrati. È morta per una candela o una sigaretta lasciata cadere nel sonno. Per il fumo che ha invaso il locale e i suoi polmoni, prima ancora che le fiamme sbucassero dalle finestre e qualcuno potesse accorgersi dell' incendio per dare l' allarme. Urla e sirene hanno svegliato viale Bligny poco dopo le 7 di ieri mattina. Troppo tardi. Quando i vigili del fuoco sono saliti con la scala al secondo piano, dietro le vetrate spaccate e annerite, tra fiamme e polvere, c' era già un corpo immobile. Elisabetta Altomare, 45 anni, la «Betty», è morta intossicata e ustionata su un soppalco della casa occupata «Sqott», dove si era fermata a dormire, dopo una festa durata tutta la notte. Musica e alcol. I ritmi forsennati della techno e dell' hard-core. Per quelle serate i vicini si lamentavano da sempre. Dieci anni di telefonate notturne a polizia e carabinieri. Fu la crisi del Partito socialista a lasciare deserto il secondo piano di quello stabile industriale del 1906, al 22 di viale Bligny. La sezione locale del Psi scomparve e fu rimpiazzata dagli squatter. Che hanno animato la casa occupata con feste, cineforum, incontri. La Betty era lì da sempre, anche se viveva nella casa dov'era cresciuta, alla Bovisa. Era una maestra elementare, aveva fatto per anni supplenze nelle scuole di Milano. E ora animava le feste come dj. «Una donna splendida, aperta, disponibile - dice una vicina - frequentava i centri sociali e credeva davvero in certi valori». Del movimento punk milanese Betty Altomare era la memoria storica. Fin dai primi anni ' 80 aveva documentato con la sua telecamera le occupazioni, le manifestazioni, gli sgomberi. Per questo ieri, in viale Bligny, non si è mai fermato il via vai di giovani con gli occhi rossi e i vestiti trasandati. Piercing, birre e mazzi di fiori. E anche in Rete, man mano che il tempo passava, alla notizia della sua morte si aggiungevano i ricordi: «Non solo la sorella e amica, ma anche 25 anni di punk italiano se ne vanno con lei», «La migliore interprete femminile della techno in Italia, grazie per tutte le ore che ci hai fatto saltare sotto una kassa». Da almeno 3 anni, lo stabile di viale Bligny 22 è al centro di una trattativa tra Comune, proprietà e la Bocconi, che vorrebbe acquistarlo. Ospita l' ambulatorio del Naga, per l' assistenza gratuita a emarginati e extracomunitari, altre organizzazioni, 5-6 famiglie in regola e altri occupanti abusivi. Il 19 gennaio è stata approvata una delibera comunale per il via libera alla vendita. Lo «Sqott» non ci sarà più. Dopo la morte della Betty è stato sgomberato. Le porte murate. E i fiori sotto le finestre annerite.


Gianni Santucci
Pagina 51 (4 aprile 2004) - Corriere della Sera


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Betty

File:Betty lunactikaparty.jpg




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