Frate Atanasio/Biografia

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La V edizione dei libro di P. Atanasio Cristofori “Erbe medicinali di frate Atanasio” vede la luce a quarantadue anni dalla precedente e alle soglie dell’anno 1985 che segna il centenario della nascita dell’Autore.

Nonostante il passare del tempo pensiamo però che l’apparire del volume nelle librerie e – speriamo anche e soprattutto – nelle case delle nostre valli trentine, sia salutato come il ritorno di un amico, come l’affacciarsi alla porta di casa della veneranda e bonaria figura del frate che ne è l’Autore: una figura ieratica sull’altare e sul pulpito, ma buona, affabile, umile e accostabile negli incontri personali e della vastità e tenacia delle amicizie. Così intima e affettiva era infatti ritenuta universalmente la connessione fra l’uomo, il frate sacerdote, e la sua opera di raccoglitore e distributore di erbe medicamentose, tra la parola viva e parlata che sapeva accostare l’uomo a Dio, e quella scritta nel suo libro che sapeva indicare nella natura la manifestazione della bontà e provvidenza di Dio, da divenire universalmeate conosciuto e chiamato “il frate delle erbe”.

Crediamo pertanto che non sarà discaro a quanti lo hanno conosciato e a quanti ne hanno sentito parlare, premettere a questa edizione postuma un breve profilo dell’Autore, perché la saa memoria rimanga ancora unita alla sua opera.

Sacerdote cappuccino

Padre Atanasio Cristofori – Angelo al battesimo – nasceva a Grauno, minuscolo centro della Valle di Cembra il 24 luglio 1885. A sedici anni' scendeva a Trento, accompagnato da mamma Cecilia, per chiedere di essere ammesso tra i fra i cappuccini. Aveva frequentato con profitto le tre classi elementari esistenti nel paese: possediamo l'attestato della 111 classe del 1899, nel quale la brava maestra Speranza Baldazzi lo giudicava "molto buono" in tutte le materie: solo in storia naturale e fisica lo gratificava con appena un "sufficiente". Un po' poco veramente per un futuro naturalista!… Un certificato del parroco di Grumes dichiara che il giovinetto era stato istruito da lui <per due anni nella lingua italiana e latina specialmente, non trascurando la storia, la geografia e la letteratura, nelle quali materie dimostrò grande diligenza e non mediocre capacità>.

Non gli mancava quindi una preparazione scolastica, sia pure rudimentale, ma sufficiente per essere ammesso agli studi conventuali. Ma quando il giovinetto, imbarazzato e tremante (lo raccontava lui, da vecchio, sorridendo) si trovò davanti alla figura austera del Provinciale dei cappuccini, allora P. Ignazio Zanol da Rovereto, e si sentì dire: "siete troppo gracile per la nostra vita austera: dovete mangiare ancora due some di polenta", si sentì perduto. Intervenne mamma Cecilia col coraggio e l'autorità materna: "el varda, padre, che l'e ben semplizot (in dialetto, piccolo, mingherlino) ma l'e san, salo?". E fu accettato. Entrò nel noviziato a Condino il 24 settembre 1901 ed ebbe l’abito di San Francesco. Compì e terminò gli studi ginnasiali nel convento di Arco, la filosofia a Terzolas e la teologia a Rovereto e Trento. Fu ordinato sacerdote il 14 febbraio 1909. Ma non ancora predicatore e confessore: terminò gli studi di teologia nel 1912 ed iniziò il suo lungo itinerario nei vari conventi e nelle parrocchie che vi facevano capo. Incominciò a Rovereto, poi a Trento e finalmente, nel 1940 approdò a Terzolas, da dove non si mosse più, se non per morire, nell'infermeria di Rovereto l'11 giugno del 1961.

Possediamo un libriccino in cui, fino al 1924 annotò diligentemente le sue prediche: titolo, data, luogo "dove le singole prediche furono recitate". Aveva quindi un repertorio che, almeno nei primi anni mandava a memoria, come del resto era consuetudine di tutti i predicatori popolari. Poi l'esperienza gli insegnò a conservarne il materiale catechistico e l'ossatura della predica, adattandolo pero ai luoghi, alle circostanze e all'ambiente, vivacizzandolo con bozzetti e aneddoti dell'esperienza quotidiana. Predicazione eminentemente ed esclusivamente popolare, dunque. Lo aiutava a farsi ascoltare anche il suo aspetto prestante, dalla barba fluente del profeta e la voce tonante: raccontava, compiacendosene, di quel prete di montagna (Ruffrè, per l'esattezza), che temeva per le vetrate della piccola chiesa.

Cosi per cinquant'anni: quaresime, missioni popolari, sagre di paese, con lunghissime ore di confessionale, con lunghe camminate da un paese all’altro, sempre pronto a rispondere a chi lo richiedeva e a chi lo mandava. E lungo la strada trovava anche i suoi "Nicodemi" che lo aspettavano per "fare la Pasqua", per i quali non c’erano "tempi stabiliti", ma tutto l’anno era aperto alla misericordia di Dio che P. Atanasio portava con sè.

Durante la prima guerra mondiale fu anche cappellano militare al Tonale e sulla Presanella, ma solo per qualche mese, perché la vita militare non era fatta per lui e la divisa gli era più pesante e ingombrante del saio francescano.

Il frate delle erbe

All’interno della sua vocazione francescana ne nacque ben presto un’altra, in piena armonia e sintonia con la prima: quella dell’interesse per la natura, gli animali, le erbe, i funghi: anch’essi creature di Dio, dono di Dio agli uomini. Come san Francesco avrebbe voluto cantare e cantò di fatto con la sua vita e con il suo entusiasmo: “Laudato si, mi Signore, per sora nostra madre Terra, la quale ne sustenta e governa e produce diversi fructi con coloriti fiori et erba”. Fu certamente una vocazione innata, un’inclinazione tutta personale. Forse portò con se’ dal piccolo borgo natio l’amore alla natura e qualche nozione attinta alle conoscenze popolari, ma è certo che in convento trovo un clima adatto alla sua crescita e la possibilità di apprendere e approfondire ciò che già sentiva nell’anima. In ogni convento francescano c’è sempre un giardino per i fiori, un claustro ingentilito di corolle. Francesco stesso, come narrano i suoi primi biografi “consigliava all’ortolano di adattare a giardino una parte dell’orto, dove seminare e trapiantare ogni sorta di erbe odorose e di piante che producono bei fiori, affinchè al tempo della fioritura invitino tutti quelli che guardano a lodare Dio, poichè ogni creatnra sussurra e dice: <Dio mi ha fatta per te, o uomo> (Legg. perugina). E’ quanto P. Atanasio stesso ci conferma nella sua Prefazione alla prima edizione del suo libro: “La causa che mi spinse a dare alle stampe questo modestissimo libretto è doppia: remota e prossima. La prima risale alla mia giovinezza, e fu l’amore di predilezione alla Botanica. Quest’amore, crescendo sempre con gli anni, mi diede occasione, in convento e fuori, di dedicare tutti i ritagli di tempo disponibili a questo studio, mediante mezzi didattici, esperimenti e conversando con persone competenti. Da qui lo studio applicato alla Fioricoltura, alla Frutticoltura ed alla Terapeutica della nostra superba e lussurreggiante Flora”. Chi sono le “persone competenti” che lo aiutarono a formarsi la cultura botanica? P. Atanasio non pote’ conoscere di persona il suo confratello cappuccino e conterraneo P. Placido Giovanella da Cembra che fu micologo e naturalista e avviò alla conoscenza dei funghi l’abate Giacomo Bresadola, perché questi moriva nell’infermeria del convento di Rovereto nel 1903, mentre fra Atanasio era alle prese con i latinucci nel vicino ma allora irraggiungibile, convento di Arco. Ne conobbe però i molti discepoli e visse nel desiderio di raccoglierne l’eredita culturale, anche per diritto di patria.

Più tardi, ormai sacerdote, conobbe e fu amico del Bresadola stesso: benchè applicato, più che alla micologia, alla fitologia e alla fitoterapia, conosceva a fondo, l’opera bresadoliana, tanto da poterne citare a memoria le pagine dei due volumi più diffusi, per ogni fungo che gli fosse mostrato: è la testimonianza di un suo collaboratore. Molti altri sono gli amici “competenti” che l’hanno aiutato a crescere nella conoscenza della botanica: egli stesso ne nomina qualcuno nella citata prefazione, come il Comm. Giovanni Pedrotti, il maestro Biasioni, il Comm. Osvaldo Orsi, direttore dell’Istituto Agrario Provinciale di S. Michele, Guido Sette, farmacista di Cembra, ecc. Non possiamo tacere il nome del Prof. Guido Rovesti del Ministero dell’Agricoltura e Foreste, Medaglia d’Oro della Cultura, suo grande amico e ammiratore al quale si deve la Prefazione alla IV Edizione del libro di P. Atanasio.

In seguito, nel 1936-37, a oltre cinquant’anni, ebbe modo di frequentare i Corsi,di Erboristeria presso l’Università di Padova, dove trovò nuove cognizioni e altre conferme ai suoi studi autodidattici. Il Prof. Giuseppe Gabrielli, dell’Università di Ferrara, solandro e erborista, commemorando P. Atanasio nel XV anniversario della morte presso il convento di Terzolas, diceva: “A questo proposito (di P. Atanasio, “studente universitario”) ebbi occasione di attingere chiari ragguagli dallo stesso direttore dei corsi, il Prof. Felice Gioelli, che, divenuto in seguito ordinario di questa disciplina, quindi rettore dell’Università di Ferrara, il caso volle fosse anche mio maestro, e che con lui sostenessi la tesi di laurea. Ricordava distintamente il Gioelli del nostro frate la partecipazione diligente e appassionata alle lezioni, nonchè le spiccate qualità di cui aveva dato prova nelle esercitazioni e nei riconoscimenti”. Di questa partecipazione diligente alle lezioni è testimonianza un piccolo blok di appunti, scritti con meticolosa pazienza, come da uno scolaretto diligente, durante l’insegnamento e gli esperimenti dei maestri, dei quali ben presto divenne più che discepolo, amico e collaboratore, mantenendosi in frequente corrispondenza. Il notes e molto sciupato e porta i segni di una continua e diuturna consultazione.

Frutto di questi studi, ma soprattutto della sua consumata esperienza, della sua innata intuizione e della conoscenza dei luoghi, e dietro sollecitazione dei molti amici e ammiratori, e il suo libro “Piante ed erbe medicinali della nostra Regione Tridentina”, vero vademecum della medicina pratica popolare, che ebbe nelle nostre valli ma anche fuori, una insperata diffusione. Si proponeva di scrivere per il popolo: “Il libretto è scritto in modo semplicissimo per essere alla portata di tutti. Per questo ho evitato la terminologia medica, ho tralasciato quasi tutte le piante velenose (nella I Edizione), perchè nella cura delle malattie, non si avesse a sorpassare arbitrariamente le dosi… ” (prefaz. alla I Edizione). Il libretto andrà poi arricchendosi e rimpolpandosi nelle successive edizioni. Basta osservare la data e il progressivo aumento delle pagine per farsi un’idea della diffusione del libro e della cura meticolosa con cui l’Autore lo ha curato e seguito.

Ecco l’elenco delle varie Edizioni:


I EDIZIONE: P.A.C. (Padre Atanasio Cappuccino ) – “Piante ed Erbe Medicinali della nostra Regione Tridentina” – Ardesi, Trento 1931 – pag. 72. Prefazione dell’Autore – duplice indice alfabetico: delle piante descritte nel libro e delle malattie e corrispondenti cure.

II EDIZIONE: Padre Atanasio da Grauno – Cappuccino – “Piante ed Erbe Medicinali della nostra Regione Tridentina” – II Edizione migliorata, ampliata e illustrata coi figure colorate”. Ardesi – Trento – 1934 – pag. 150. Vi è aggiunto un Atlantino in 12 Tavole a colori, con nome delle piante in italiano e latino. L’Atlante è stampato ad Esslingen in Germania dalla J.F. Schreiber Verlag come appendice al libro di Christiansens A. “Taschenbuch einheimischer Pflanzen”. Munchen, 1916.

III EDIZIONE: Padre Atanasio da Grauno – cappuccino – “Piante ed Erbe Medicinali della Regione Tridentina” – Ardesi – Trento 1937 – XV – pag. 253.

IV EDIZIONE: Padre Atanasio da Grauno – cappuccino – “Piante ed Erbe Medicinali d’Italia con speciale riguardo alla Regione Tridentina” – Ardesi – Trento 1942, pag. 281.

IV EDIZIONE riveduta, ampliata con nuovo ricettario. La pubblicazione porta tutti i segni del tempo di guerra: carta, stampa e soprattutto la mancanza dell’Atlante illustrativo, che si potè avere solo in un numero limitato di copie per la difficoltà dell’importazione. Porta la prefazione del Prof. Guido Rovesti, Consigliere Superiore del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste.


Alla fine di questa forse troppo lunga enumerazione mi sembra di poter dire che due sono principalmente i meriti dell’opera di P. Atanasio, prescindendo dal suo valore scientifico: quello di essere riuscito a volgarizzare e rendere elementare ed accessibile a ogni classe di persone una scienza che non è delle più facili, illluminando soprattutto i più sprovvisti ad apprezzare la ricchezza che li circonda nella natura; e lo spirito di carità e di fede da cui tutto il libro e animato.

Scriveva nella Prefazione alla II Edizione del 1934: “Possono queste pagine istruire, consolare e sanare tanti esseri sofferenli ed irrequieti, e dire a tutti: Nel vostro corpo sano, sana sia pure la vostra mente: <mens sana in corpore sano>: affinchè, essi commossi alla considerazione di questo dono di Dio, nel grande e variato mondo delle piante, lodino e glorifichino il Divino Creatore”. Ma 1'attivita scientifica di P. Atanasio non si ridusse alla composizione del libro, a correggere, aggiungere, chiarire meglio le procedure pratiche per la preparazione delle erbe medicinali, lavoro riservato ai mesi invernali lunghi e solitari nel convento di Terzolas, ma appena si apriva la stagione e i primi fiori e le prime erbe comparivano sulle montagne circostanti, incominciavano anche per il frate le lunghe escursioni nei boschi, solo o con amici e collaboratori e al ritorno, il sacco da montagna era sempre pieno e fragrante di mille odori e colori.

Intensa anche la sua collaborazione al Consorzio Erboristico Regionale di cui era membro della Commissione scientifica fino dal 1929 e la partecipazione sua sempre entusiastica alla fondazione e alla manutenzione dell’orto botanico alle Viotte di Monte Bondone. Continua e appassionata anche l’opera di divulgazione con conferenze e lezioni a gruppi botanici e in particolare ai maestri elementari. Con questi in particolarmente faceva opera di educazione ecologica. Proprio in una conferenza ai maestri si augurava di “non vedere più quelle frotte promiscue e incoscienti di gitanti e di turisti, salire e scendere dai nostri monti con la testa nel sacco, calpestare e distruggere vandalicamente quanto di bello e di autentico il Signore ci ha regalato nelle nostre stupende montagne…”.

Uomo tra gli uomini

La lunga carrellata nella vita e tra gli scritti di P. Atanasio probabilmente non è ancora riuscita a darci la sua fisionomia umana verace e autentica, come l’hanno conosciuta le genti della Valle di Sole e di Non che lo incontravano sulle loro strade nelle sue scorribande pastorali e scientifiche. Chi non lo conosceva? L’apparire della sua figura ieratica di patriarca dalla barba fluente e dal sorriso ilare di bambino rimasto tale anche se cresciuto e invecchiato, era sempre una festa: sulle piazze dei paesi, nelle baite di montagna, nelle chiese e nelle case. P. Atanasio fu veramente un semplice, un umile, un buono: proprio come San Francesco voleva i suoi figli.

Per questo amò la natura con ammirazione ed entusiasmo, nelle sue espressioni più semplici e più belle: i monti, i’ fiori, le erbe, gli alberi, le acque, gli uccelli, i cervi e i camosci, che ospitò in convento per salvarli dalla rigidezza dell’inverno: tutte le creature del buon Dio. Per questo amò gli uomini, senza eccezione e senza distinzione. Credo non abbia mai avuto non solo nemici, ma neppure avversari, competitori, invidiosi o malevoli. Avvicinava tutti con la medesima confidenza e sicurezza. Per tutti i mali del corpo aveva il suo pizzico profumato di erbe aromatiche, accompagnato da una benedizione e da un ammonimento morale; per tutte le occasioni gioiose e tristi aveva il suo fiore e la sua partecipazione umana e francescana; per ogni incontro l’aneddoto arguto, la battuta caustica, le caratteristiche “rimele” eco di un mondo di fiaba, ingenuo e buono, sereno e semplice, tipicamente francescano. Con la medesima confidenza e disinvoltura dava e chiedeva, ammoniva, rimbrottava e lodava, lasciando sempre tutti con l’animo pacato e contento. Ci auguriamo che il ritorno di P. Atanasio attraverso le pagine del suo libro valga non solo a portare sollievo a quanti soffrono nel corpo e nello spirito, ma anche a ricordarci che Dio ci vuol bene e che le creature che ci ha messe vicine sono l’attestazione concreta della Sua bontà e della Sua Provvidenza.


fr. Arcangelo Cologna
CAPPUCCINO



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